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GIOCARE DA ANARCHICI

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C’era un negozio a Chelsea negli anni ’70 gestito da un tale Malcom McLaren e Vivienne Westwood, la stilista proprio lei. Era conosciuto come “Let it rock” anche se per tutti era il “SEX”.
Spingevano un look provocatorio fatto di t-shirt tagliate e accessori fetish. Si trovava in una zona lussuosa di Londra ma era frequentato da personaggi dei bassifondi come John Lydon che un giorno entrò coi capelli verdi e una maglietta con la scritta “Odio i Pink Floyd”.

McLaren nel frattempo si era eletto manager di una band che bazzicava il SEX e la faceva provare in giro per la città esportando lo stile della boutique. Secondo lui però mancava ancora qualcosa. Il ragazzo dai capelli verdi doveva essere il frontman, con buona pace degli altri elementi che all’inizio non lo videro di buon occhio, così John Lydon entrò nel gruppo col soprannome di “Rotten” (per via dei denti marci) e anche la band cambiò nome: nacquero così i Sex Pistols.

Dietro alle urla di anarchia nel microfono e le camicie strappate di Vivienne Westwood si celava il progetto della prima boy band della storia della musica e la supernova del Punk sbarcò presto oltreoceano.

Nonostante droga e ogni genere di eccesso Rotten si accorse presto della truffa e, dopo due anni e un solo vero album, a San Francisco chiuse il concerto chiedendo al pubblico con un ghigno: “Ever get the feeling you’ve been cheated?” (Avete mai avuto l’impressione di essere stati imbrogliati?). In effetti il Punk, quello denso di contenuti, arrivò dopo.

“No fun”, ironia della sorte, fu l’ultimo pezzo suonato dai veri Sex Pistols. Di tutto questo non si accorse l’altro John, Simon Ritchie meglio conosciuto come Sid Vicious, che non fece in tempo a scendere dalla giostra e morì di overdose a soli 21 anni. Ma questa è un’altra storia.

La moda, veicolo di messaggi sociali, riguarda tutti noi, dai capelli lunghi dei nostri genitori nelle foto del matrimonio alla voglia di un piercing all’ombelico. Calma però a considerarla trasgressione, Johnny Rotten insegna. In fondo i Sex Pistols volevano dimostrare che si può salire su un palco pur senza saper suonare.

Di personaggi costruiti è pieno anche il mondo dello sport, sul palco del grande calcio, per esempio, salgono personaggi dalle creste improbabili, barbe lunghissime e tatuaggi ovunque. Niente di male, per carità, ma piano a considerarli trasgressivi. Delle rock star hanno solo l’aspetto perché mentre fanno a gara di pettinature eccentriche ai giornalisti ripetono cantilene soporifere per niente originali.
Fortuna nostra non tutti, qualcuno riesce ancora a farci divertire con dei colpi fuori dagli schemi.

Ricordate John Carew, il possente attaccante norvegese che nel 2013 l’Inter cercò a causa dell’infortunio di Milito? Dichiarò di essersi allenato pur essendo senza squadra eppure non superò le visite mediche. Peccato che qualche mese prima avesse risposto così a un tweet di un tifoso del West Ham, sua ex-squadra, che lo pregava di tornare a giocare: “Io tornerei, il problema è che sono impresentabile!”. Benedetti social.

E come dimenticare Nicklas Bendtner, che arrivato alla Juve l’ultimo giorno di mercato ebbe il coraggio di chiedere la maglia numero 10 e, vedendosi ovviamente respinta la richiesta, scelse il 52 essendo il B-52 il suo cocktail preferito? E c’è da scommetterci visto che poco dopo venne fermato dalla polizia ubriaco e contromano. Deve tirare un’aria strana al nord.

E che dire del rossonero Niang che al suo arrivo a Milano, ancora minorenne, pizzicato dalla stradale alla guida di un’auto rispose di essere il nuovo acquisto Traorè? So’ ragazzi.

E di giri in macchina ne sa qualcosa anche Marko Arnautovic, inutile artefice del triplete nerazzurro, autore di poche presenze e molti aneddoti. Come non ricordare quella volta in cui si presentò alla Pinetina alle 9:00 del mattino dimenticandosi che l’allenamento iniziava a mezzogiorno! E quella volta in cui, non essendo convocato per la trasferta di coppa, ebbe la geniale idea di farsi prestare la Bentley di Eto’o e farsela rubare in pieno centro? Quanto manca uno così.

Ragazzate a parte c’è stato un tempo in cui i calciatori erano anarchici davvero.
La cuffia da gallo cedrone di Balotelli è niente in confronto a Gigi Meroni, alla destra granata degli anni ’60, che girava per il centro di Torino con una gallina al guinzaglio; del resto si definiva il “quinto Beatles”!

meroni gallina

Se la maglia “Vi ho purgato ancora” di Totti e la maschera di Berlusconi indossata da Materazzi vi sembrano un affronto in un derby allora cosa dire di Giorgio Chinaglia, che al termine di una stracittadina, mentre i giocatori avevano già imboccato il tunnel, pensò bene di fare una scorrazzata sotto la curva giallorossa diventando così assoluto idolo laziale? Per non parlare del look da gangster con pistola e pelliccia con cui si presentava ai ritiri.

Se pensate che Di Canio e Lucarelli siano stati politicamente schierati cosa pensereste di Paolo Sollier che a Perugia salutava il pubblico col pugno chiuso?
Barba e capelli lunghi non erano una moda per lui che provò a riunirsi in assemblea con sette-otto calciatori “impegnati” ma dovette ben presto scontrarsi col muro di gomma, come lo definisce lui, del calcio di ieri e di oggi. “L’unico politico vero era Rivera” – ha ammesso in un’intervista ad Andrea Scanzi – “ho sempre catalizzato delle minoranze destinate a scomparire”.
Il suo libro “Calci, sputi e colpi di testa” fece scalpore per la franchezza e il coraggio con cui sfidò il sistema. Oggi l’unico rapporto che ha col calcio è allenare la nazionale scrittori (Osvaldo Soriano Football Club) visto che non ha mai ricevuto richieste da serie A e B. “Evidentemente non sono così bravo. Da calciatore ho avuto più di quanto credessi e da allenatore meno di quanto sperassi” – ha dichiarato senza gridare al boicottaggio.
Si è rifugiato nei libri e nei vinili che continua a scovare nei mercatini dell’usato e in ricordo di quei tempi, in cui salutava gli amici in tribuna col pugno per non dimenticare le origini, con un filo d’amarezza confessa: “Peccato, perché alla fine il Sessantotto nel calcio è stato solo una questione di look. Capelli lunghi, barba, baffi e maglietta fuori dai calzoncini. Tutto qui”.

Paolo Sollier 2

Se credete che Cassano sia un giocatore difficile da gestire che dire di Gianfranco Zigoni? Mezz’ala mancina, eredita dai genitori la passione per la terra e dalla provincia di Treviso il piacere a bere in compagnia con gli amici più che allenarsi. Gran fisico, talento puro, svogliato, matto come un cavallo, o almeno così si dice.
L’episodio più folcloristico fu quando con la maglia del Verona Valcareggi lo lasciò in panchina e lui, non approvando la decisione, ci andò in pelliccia e cappello da cowboy. “Lo facevo perché ero pigro, non per farmi vedere o crearmi un personaggio” – ha risposto a un giornalista – “Arrivavo al campo a petto nudo con la pelliccia, la toglievo, lasciavo la pistola nello spogliatoio e andavo ad allenarmi, ma erano altri tempi”. I tempi di Chinaglia per intenderci.

zigoni pelliccia

Sempre a Verona, nel corso di un’amichevole di fine stagione contro il Vicenza, dopo una partita trascorsa a dinoccolare per il campo, saltò in dribbling quattro avversari e infilò il pallone all’incrocio dei pali e pensò bene di andare dritto negli spogliatoi; la cosa assurda è che fu imitato dai tifosi che abbandonarono lo stadio, evidentemente dopo la prodezza di Zigo avevano visto abbastanza.
In fondo cosa c’è di strano per uno che a fine carriera ha dichiarato: “Metto fuori classifica io, Pelé e Maradona perché calcisticamente siamo tre extraterrestri”.

Uno scudetto e 35 gol in 122 partite con la vecchia signora, poi Roma e tanto Verona ma la perla di Gianfranco Zigoni è il libro “Zigo pensaci tu” scritto a quattro mani insieme all’amico ed ex calciatore Ezio Vendrame, l’uomo che forse più di tutti incarna l’elogio alla follia.

Ha dichiarato che il calcio “Non esiste, è finto, è acrilico. Al mondo ci sono stati tre giocatori di calcio: Maradona, Zigoni e Meroni. In questo rigoroso ordine, non alfabetico. Il resto è noia”.
Forse non sarà del tutto vero ma guardando la sua storia…

Friulano, mezzala, beat. Su di lui si sprecano leggende, aneddoti e crude verità.
“Ero matto come un cavallo, almeno dicevano così. Forse avevano ragione, ma a vent’anni avevo tanta di quella figa che se ci ripenso mi faccio schifo…” – racconta della gioventù da calciatore.
E ancora: “Gioco per i soldi, il resto non m’interessa”. Come biasimare un ragazzo cresciuto in orfanotrofio?

Fra i molti episodi curiosi di cui si è reso protagonista, i tifosi biancorossi ricordano quando, trovandosi a centrocampo, in contropiede, nella posizione più avanzata, per sottolineare che non c’era alcun compagno che si smarcasse, salì con entrambi i piedi sulla palla portandosi le mani alla fronte per scrutare ironicamente l’orizzonte.

Sincero sul doping ha dichiarato che in un Roma-Vicenza (‘72-‘73) decisivo per la salvezza a tre ore dal fischio d’inizio somministrarono una bomba a tutti i calciatori.

Sincero sulla vicenda calcio-scommesse.
Quando gli offrirono 7.000.000 di lire per perdere contro l’Udinese in un primo momento accettò perché “avevo giocato male tante volte gratis…!” – dichiarò. Il Vicenza stava retrocedendo e i giocatori prendevano il minimo sindacale (22.000 lire a punto). Ma quando entrato in campo si sentì fischiare e sfottere dai suoi ex-tifosi pensò: “affanculo i sette milioni, viva le 44.000 lire!” e fece due gol per punirli, uno direttamente da calcio d’angolo dopo essersi soffiato il naso sulla bandierina.

Altra pazzia nella stagione ’76-’77 in serie C. Il suo Padova non aveva nulla da chiedere al campionato e alla Cremonese bastava un punto per la promozione. Vergognandosi della combine che si stava materializzando in campo prese palla al limite dell’area avversaria e corse verso la propria porta scartando tutti i compagni, portiere compreso, salvo fermarsi sulla linea di porta. Un tifoso collassò e quando lo dissero a Vendrame rispose: “Com’è possibile che un debole di cuore venga a vedermi giocare?”.

La sua vita cambierà a metà degli anni Settanta incontrando il cantautore Piero Ciampi: “A Piero devo tutto. Quello che so l’ho imparato da lui. La sua morte mi sconvolse”. Questo e altro si trova nel suo libro choc “Se mi mandi in tribuna, godo”.

Chi pensa si sia cucito questa immagine anticonformista fricchettona per moda si sbaglia; oggi vive in affitto perché “della proprietà privata non mi importa niente” e per campare allena i Giovanissimi della Sanvitese ai quali dice: “buttate nel cesso le vostre playstation e rinchiudetevi nei bagni con un giornaletto giusto in bella vista. Quando uscite, innamoratevi di una bella figliola: il sesso fai da te è bello, ma quello con una coetanea è meglio”.

Inutile dire che vorrei essere un suo giocatore vero?!

ezio vendrame




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