E’ una palla filtrante quella che entra nell’area dell’Ajax. E’ un mercoledì stranamente luminosoper il maggio olandese. E’ il Torino l’avversario. Il Torino che in semifinale ha eliminato il Real Madrid. Avete letto bene, il Real Madrid. Il Torino che in finale ha rischiato di incontrare il Genoa. Avete letto bene, il Genoa. Oggi Torino e Genoa mostrano altri scenari. Ma non è questo il punto. Il punto è che su quella palla si avventa Cravero, maglia granata e numero sei sulla schiena. Il capitano arriva per primo e sterza verso la porta. Il difensore dei lanceri lo sgambetta quanto basta per togliergli l’equilibrio, o almeno così sembra in diretta. Ma l’arbitro non se la sente di fischiare. Non è rigore. L’immagine successiva è un uomo di spalle con una sedia alzata in cielo in segno di protesta. Una di quelle sedie che i wrestler, commentati da Dan Peterson, fingevano di spaccarsi sulla schiena. Io, bambino, a lottatori muscolosi e mascherati preferivo già mediani baffuti in mezzo al campo. E anche l’uomo con la sedia porta i baffi. Me ne accorgo quando si gira, coi capelli folti e la cravatta regimental. Sembra un venditore di mobili, uno di quelli che invitava a provare per credere. Quei mobilifici non ci sono più ma torneranno per sempre nei discorsi di chi ha vissuto quell’epoca. Dall’altro giorno anche quell’uomo che sembrava volesse lanciare la sedia in campo non c’è più. Ma tornerà nella testa di chi ha vissuto quegli anni. Di chi ha giocato nella squadretta di quartiere che tirava avanti coi soldi del banco di beneficienza e la cena sociale. O di chi quegli anni li ha visti passare in un Mivar quattro terzi.
Un attimo dopo l’uomo posa la sedia e si gira verso la tribuna. Si aggiusta i pantaloni storcendo la bocca come un mobiliere stupito di non aver chiuso il preventivo. Quell’uomo è Emiliano Mondonico, rivoluzionario senza alzare la voce. Quel gesto è la rabbia dei secondi. “Quella partita fu un altro esempio di vita incredibile” – dirà – “perché ti accorgi che se arrivi in finale e arrivi secondo non conti più niente”.
Per il popolo granata invece il Mondo vale più di un trofeo e vent’anni dopo quel gesto si ritrovano al Filadelfia, portando una sedia da casa, per giocare al suo fianco la partita contro il cancro. Una finale lunga sette anni. Eppure mi sembra non abbia perso nemmeno stavolta perché il Mondo ha lo sguardo sornione di chi sa che non basta riempire una bacheca per farsi ricordare.
Mancherà la sua saggezza, i commenti mai banali che facevano riflettere. Mancherà in provincia come nei grandi club che non ha mai allenato. Perché il Mondo veniva rispettato senza aver mai vinto.
Anche se quella sera in cielo avrebbe meritato di alzare una coppa, non una sedia.
Buongiorno a te che c’hai la faccia pulita
Che nella tua vita
Non hai visto mai una salita
E la prima che incontri sarà tutto più chiaro
A volte esiste il dolce, a volte esiste l’amaro
Pesa la solitudine dei numeri primi
Ma la rabbia dei secondi anche peggio
( La rabbia dei secondi – Coez )